È UNA BAMBINA INTELLIGENTE, MA POTREBBE FARE DI PIU’……..
Ancora oggi, come allora riecheggiano nella mia mente le parole della mia insegnante delle elementari alla mia mamma: “Bambina dalle molte capacità, ma non le applica. È una bambina intelligente, ma potrebbe fare di più.”
Questa valutazione mi ha accompagnato fino alla maturità e quando pensavo di essermene liberata, all’università all’esame di economia dei trasporti, il professore con il sorrisino sulla bocca mi disse: “Signorina, dall’apparenza intelligente, mi aspettavo di più… le va bene 28?” sarebbe stato demenziale rifiutare un 28, così con un altrettanto sorrisino mi sono congedata.
Paolo Crepet nel suo libro “Non siamo capace di ascoltarli“ parla dei bambini Abarth e dice:
“Vi ricordate le Fiat 500 Abarth degli anni 60/70? Fuori erano delle normali “500”, eppure sotto il cofano si trovavano motori truccati, esagerati per far colpo soprattutto sulle ragazze. Avevano però un difetto: duravano molto poco.”
I bambini Abarth non si riconoscono dall’esterno, ma il loro cervello è stato truccato per farli andare sempre al massimo. Sono quei bambini che devono primeggiare sempre. Non hanno alternative, vivono in un’unica dimensione: l’eccellenza.
Sono quei bambini che quando tornano a casa e dicono alla mamma o al papà di aver preso 7 in matematica si sentono rispondere: “Come mai? Non prendevi sempre 9? Allora stai perdendo tempo, stai giocando.”
I bambini Abarth non possono sbagliare, sono spinti in modo sconsiderato verso l’onnipotenza.
Di solito sono figli poco amati, amati solo se eccellono. L’affetto che ricevono è condizionato: “Ti voglio bene se prendi tutti 9, altrimenti te ne voglio di meno….” Cosa succede all’autostima? Quei genitori comunicano, senza saperlo, disistima!
Ai bambini Abarth viene negato il diritto fondamentale che ogni essere umano acquisisce nel momento in cui viene al mondo: il diritto all’amore e all’accettazione incondizionati dei suoi genitori!
I bambini Abarth crescono e spesso accade che il giovane Abarth si blocca alla fine di un ciclo scolastico. Il motore si rompe, sente di aver perso l’unico terreno ove potersi guadagnare l’affetto e la considerazione degli adulti. Tende così a disprezzarsi e sentirsi un fallito. Dubita degli amici e persino il rapporto con il sesso opposto rischia di diventare terreno incerto ed insidioso.
Secondo il mio parere, i genitori, le famiglie e la scuola hanno una grande responsabilità: accompagnare il bambino nella crescita rafforzando la sua autostima, facendolo sentire amato e accettato incondizionatamente per ciò che: un meraviglioso essere dell’universo.
Non per i voti eccellenti, il conto in banca dei genitori, lo zaino e i quaderni alla moda o per il cellulare all’ultimo grido.
Tratto liberamente dal libro di Paolo Crepet “Non siamo capace di ascoltarli”